San Gennaro: i miracoli e la speranza di un popolo perso
La Cappella di San Gennaro rappresenta la profonda connessione di fede fra il popolo napoletano e il suo Santo protettore. Tre volte all’anno, durante importanti celebrazioni ufficiali, San Gennaro riafferma il suo legame con Napoli, e il suo sangue viene mostrato a migliaia di cittadini e devoti, con la speranza che si sciolga ogni volta.
Chi era San Gennaro
Chi era San Gennaro e quale è l’origine della sua venerazione? La sua figura è stata frequentemente idealizzata, trasformandola in una leggenda, ma le sue radici storiche sono ben documentate. Si hanno notizie di lui in un documento risalente al VI secolo, gli Acta Bononiensia, che narrano il suo martirio durante il regno di Diocleziano nel 305. Gennaro, vescovo di Benevento, si era recato a Miseno, vicino Napoli, per visitare il diacono Sossio, recentemente imprigionato e condannato a morte. Arrivati alle carceri, Gennaro e i suoi compagni, subito riconosciuti come cristiani, furono anch’essi arrestati e, rifiutando di abbandonare la loro fede, subirono la condanna a morte, venendo decapitati nei pressi della Solfatara, un vulcano attivo situato vicino Pozzuoli, nei Campi Flegrei.
Il culto del Santo
Il culto di San Gennaro si diffuse rapidamente, con i napoletani che lo accolsero come loro protettore, un legame che risale al V secolo, quando nelle catacombe di Capodimonte si trova la sua immagine, in piedi tra il Vesuvio e il Monte Somma, simboleggiando una fusione di elementi naturali e sovrannaturali che perdura nel tempo. La vitalità e la creatività dei napoletani, infatti, sembrano attingere dall’energia vulcanica che scorre sotto le loro città, un fatto che rende la loro fede profondamente radicata in questo contesto. La storia iconografica di San Gennaro, che include la sua decapitazione in un vulcano attivo e il miracolo del suo sangue raccolto da Eusebia, evidenzia come il suo legame con la natura sia non solo forte, ma quasi produttivo nel suo significato spirituale.
La storia del miracolo
Tre volte all’anno, in occasioni ufficiali e solenni, San Gennaro rafforza il suo legame con Napoli, mostrando il suo sangue davanti a migliaia di cittadini e devoti, con la speranza che si sciolga. I fedeli si radunano in Cappella e nel Duomo nel sabato che precede la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre, per assistere al miracolo della liquefazione.
L’atmosfera è carica di attesa; in prima fila ci sono le parenti, le donne del popolo, pronte a intonare canti e invocazioni al santo affinché il sangue torni al suo stato originale, mentre si attende che il cardinale mostri l’ampolla e il compare di fazzoletto la sventoli per proclamare il miracolo. Le parenti sono donne napoletane, per lo più anziane, che nella tradizione popolare vengono considerate discendenti del Santo e di Eusebia, la nutrice che avrebbe raccolto il suo sangue dopo la decapitazione. Sono chiamate parenti perché hanno un legame profondo e atavico con il Santo, tanto che lo chiamano affettuosamente faccia ngialluta, in riferimento al colore del metallo prezioso del busto, e non esitano a rimproverarlo con affetto quando il miracolo tarda ad avvenire. Le parenti rinnovano rituali antichi che affondano le radici nelle origini greche di Napoli, quando le donne piangevano i giovani defunti sperando nella resurrezione, rinnovando così il mito dell’eterno ritorno. San Gennaro per loro è come un figlio.
San Gennaro, aiutaci tu!
Il culto di San Gennaro è profondamente radicato nella cultura di Napoli, dove i napoletani vivono un legame autentico e confidenziale con il Santo. La frase “San Gennaro, pensaci tu” è una preghiera ricorrente di fronte a timori personali e collettivi, crisi naturali e calamità. Questo richiamo viene evocato da figure iconiche come Massimo Troisi nei suoi sketch, dove chiede aiuto con le parole Se mi potessi fare la grazia, e Nino Manfredi in Operazione San Gennaro, quando si rivolge al Santo per ottenere il permesso di appropriarsi del suo tesoro. Nel quotidiano, l’intera città si rivolge a lui, percependolo come un genitore e un compagno su cui contare, sicura che la sua assistenza non mancherà mai nei momenti di necessità.
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