“Figlio Velato” di Jago: fino al 21 Dicembre 2025 mostra permanente nella Chiesa di San Severo fuori le Mura
Il 21 dicembre 2019, nella storica Cappella dei Bianchi all’interno della Chiesa di San Severo fuori le Mura, all’interno del Rione Sanità lo scultore Jago ha dato vita alla mostra permanente intitolata Figlio Velato.
L’opera è scolpita in un unico blocco di marmo e raffigura un fanciullo avvolto in un velo delicato, simbolizzando la morte di tutti gli innocenti del nostro tempo e invitando a una riflessione profonda. Figlio velato si ispira al Cristo Velato di Giuseppe Sammartino, una celebrazione del sacrificio di un uomo che si offre per la collettività, ma l’opera di Jago va oltre, fissando nel marmo le realtà contemporanee che spesso tendiamo a ignorare. Attraverso questa creazione, siamo costretti a confrontarci con immagini e temi che ci toccano da vicino, risvegliando in noi emozioni e consapevolezze che ci obbligano a non rimanere indifferenti di fronte alle ingiustizie del mondo attuale.
Il Figlio velato, un capolavoro creato a New York, ha trovato la sua dimora nel rione Sanità di Napoli. Questa straordinaria opera di Jacopo Cardillo, noto come Jago, rappresenta un potente simbolo di resistenza e speranza.
Anche in questo caso l’arte viene usata per denunciare, per far conoscere e comprendere, per sensibilizzare. Lo ha fatto sempre nel 2019 Banksy, lo street artist misterioso che ha realizzato il presepe di Betlemme (una protesta contro i muri del mondo).

Il Figlio Velato è una denuncia nei confronti delle atrocità dei giorni nostri: racconta la storia di un bambino, vittima innocente delle scelte degli adulti. È una storia di criminalità, di migrazioni, di stragi, di sacrifici inaccettabili.
L’opera costringe lo spettatore a guardare in faccia la realtà contemporanea e le sue vittime innocenti. Oltre a far apprezzare le capacità tecniche dell’artista che “imita” il virtuosismo scultoreo della più famosa opera del Cristo Velato visitabile nel Museo della Cappella Sansevero nel Centro Storico.

La mostra permanente Figlio Velato è stata realizzata a cura di Luca Ivarone. Dalle dichiarazioni dello stesso Jago il riferimento al Cristo Velato viene spiegato: ″È una scultura che ho amato profondamente – racconta l’artista –, è un punto di riferimento assoluto. Per me era interessante poter partire da quell’immagine consolidata per portare una storia diversa. Il Cristo velato è un uomo che consapevolmente si è sacrificato per il bene della collettività. Il Figlio Velato non è un santo, non è un’immagine religiosa. È un bambino, vittima della nostra inconsapevolezza e della consapevolezza di chi compie certi gesti. È un figlio, perché è di tutti”.
Il bambino giace a terra, il volto appena in profilo, gli occhi chiusi e velati da un sottile drappo che avvolge il suo corpo, lasciando visibile solo una mano, fragile e abbandonata. Questa scultura rappresenta un potente monito sulle innumerevoli tragedie che hanno colpito il Mediterraneo e il mondo intero. A chi chiede come spiegare l’opera l’artista risponde: “Non vorrei spiegarla. Parlo con quell’immagine. C’è sicuramente la denuncia, la gioia, la sofferenza, ma anche la speranza. Non la amo particolarmente, penso la speranza sia dei disperati. Ma nel creare quest’opera ho conosciuto persone a cui è rimasta solo quella”.
Chi è l’artista
Jago è un artista e scultore italiano, nato a Frosinone nel 1987, che ha vissuto e lavorato tra Roma e Verona prima di trasferirsi a New York. Il suo lavoro si radica nelle tradizioni artistiche del passato, ma si evolve attraverso l’uso di video e dei social media, permettendogli di condividere il processo creativo e di connettersi direttamente con il pubblico. Questa sua abilità di comunicare ha contribuito a fargli guadagnare il titolo di social artist.
“Me ne sono dovuto andare – spiega Jago – perché qui non c’era nessuno che potesse sostenermi in un’operazione così complicata. Questo è il paradosso. Per far qualcosa per l’Italia bisogna andare altrove. Quando sei via, è proprio quello il momento in cui sei a casa. Ci sei con il cuore, con i ricordi, con le emozioni. Si genera un senso di responsabilità. All’estero voglio esportare altro della mia terra: non siamo solo pizza e mafia. So che ogni mio gesto è il gesto dell’Italia intera”.
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